Ricordi

Asmaro e il 16 giugno 1944





Asmaro Balestrieri artigliere a cavallo (Milano, 1924)



Nonno Asmaro faceva l'operaio gasista da Nasturzio, una fabbrica di latta nella zona industriale di Campi; nel dopoguerra, quando lo stabilimento è stato assorbito dalla S.I.A.C., è passato a lavorare in acciaieria. Abitava a Certosa e andava a lavorare a piedi; mia zia Maria Rosa gli portava il pranzo caldo da casa.

Era comunista, gli piaceva lavorare e stare con gli altri, era sempre allegro o, per lo meno, così me lo ricordo. Non credo che abbia fatto il partigiano; certo non se ne sarebbe vantato: evitava sempre gli argomenti tristi. Questo stesso aneddoto lo devo a Maria Rosa, la figlia maggiore, che allora aveva solo dieci anni: non aveva potuto fare a meno di raccontarglielo, a caldo.

La Resistenza era iniziata da tempo e la guerra continuava a infuriare. Il 16 giugno del 1944 sembrava, ai più, un giorno come tutti gli altri.

In realtà nazisti e repubblichini si erano mossi in forze per circondare le fabbriche genovesi. Gli alleati continuavano ad avanzare, i sabotaggi nelle fabbriche, pur occupate militarmente, si moltiplicavano e la produzione doveva essere trasferita in Germania. Operai e impiegati, in primo luogo, dovevano essere trasportati, in carri ferroviari, nei campi di concentramento, per poi essere smistati nei luoghi di lavoro (questi erano infatti privi di personale specializzato, dato che ormai i nazisti avevano esteso la leva agli adolescenti). Dopo sarebbe stata la volta delle macchine.

Asmaro era stato colto di sopresa e non era riuscito a scappare o a nascondersi. In effetti, non era facile trovare un nascondiglio nemmeno in fabbrica, dato che non mancavano i collaboratori dei nazifascisti. I repubblichini, poi, erano ancora più solerti dei tedeschi nel rastrellamento.

Mio nonno ha 41 anni. Viene messo contro un muro, con tutti gli altri. Militari dell'esercito tedesco selezionano chi mandare in Germania facendolo andare sotto l'edificio di fronte. Un graduato arriva davanti a mio nonno, che mima in fretta di avere quattro figli: ne indica l'altezza con le mani e fa l'atto di cullare l'ultimo. Il tedesco lo guarda negli occhi e gli fa segno di rimanere lì. Chissà da quanto tempo non vedeva la sua famiglia.

Sono partiti in tanti. Molti non sono tornati. Quel tedesco avrà ritrovato moglie e figli?


Altri ricordi




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